L’empatia nel rapporto tra genitori: consigli per l’uso.
- la posta della dott.ssa Isabella Chirico -

Cara Isabella,
i miei due bambini si chiamano Francesco e Andrea rispettivamente di 9 e 7 anni.
Francesco dal carattere tranquillo, dolce, sensibile, disponibile verso tutti, pacifico.
Andrea dal carattere esplosivo, ribelle, cocciuto, intuitivo, a volte anche anarchico...come dire riesce a convincerti, talvolta per esasperazione che un colore è grigio piuttosto che nero, che la palla è entrata in rete anche se nettamente fuori!
A scuola, è un primino, le insegnanti mi parlano di questa sua esuberanza che riescono a gestire serenamente, senza che Andrea divenga "maleducato", anzi, tutt'altro.
Purtroppo, alcune mamme (generalmente chi ha figli della stessa età di Andrea) non riescono ad interagire con lui: come se entrassero in "competizione con Andrea", trattandolo in modo diverso rispetto agli altri bambini! Mi sembra lo considerino come fosse un bambino monello da cui bisogna star lontani. E infatti, a volte, le mamme allontanano Andrea proprio dai loro figli.
Ed ecco la mia domanda, da mamma preoccupata: come posso gestire il rapporto con i genitori degli altri bambini e il rapporto tra Andrea e i suoi coetanei al di fuori della scuola?
Grazie per la sua gentilezza.
Marica S.
Cara Marica,
il tema del rapporto tra genitori dentro o fuori le mura scolastiche, entra con naturalezza nel mondo dell’educazione degli adulti, o meglio, nella costruzione dei rapporti interpersonali tra persone adulte e in questo caso genitori.
Va emergendo dalla presentazione di questa situazione, un quadro di scarso dialogo tra genitori, limitando di conseguenza gli stessi bambini all’interazione di momenti ludici o di contatto, del dopo scuola.
Da una parte quindi, una mamma preoccupata di vedere classificato il proprio figlio come un bambino esuberante dal quale scappare, dall’altra un gruppo di genitori attenti a preservare i propri figli da comportamenti fortemente energici di un compagno di classe.
Quando si pone l’accento sul comportamento dell’adulto, va ricordato brevemente che il comportamento dell’uomo singolo è la risultante di tre fattori:
1. biologico: sono le caratteristiche fisiche e cerebrali di ciascuno, noi portiamo all’interno del genoma delle determinanti per alcuni comportamenti e delle disposizioni per altri che diventano, pertanto, possibili;
2. esperienza: intesa come storia personale, nella sua fondamenta costituita dai legami. Tutto lascia una traccia, nella memoria, e nelle modalità in cui viviamo il presente, come agiamo e re-agiamo: un essere umano è anche e soprattutto la propria storia vissuta;
3. ambiente: inteso come senso di ambiente relazionale, costituito sì dagli aspetto geografici, ma anche dalla comunità di appartenenza, la società nel suo insieme, fino agli affetti che vengono attivati nei rapporti interpersonali.
Ciò fa riflettere su quanto la cultura di un luogo (intesa anche come apprendimento permanente) dovrebbe rendere ognuno capace di assumere il controllo della propria vita, di partecipare con altri alle decisioni che potranno modificarla, di essere in grado di prefigurare per se stessi futuri alternativi coerenti con le proprie preferenze e aspirazioni.
Tutti gli individui dovrebbero avere l’opportunità non solo di realizzare il proprio potenziale ma soprattutto di elevare il loro livello di aspirazioni.
Idealmente il diritto ad apprendere lungo tutta la vita dovrebbe diventare un diritto (e un dovere) universale. Una popolazione ignorante è pericolosa perché soggetta a facili manipolazioni e a una sudditanza perenne.
Non è certo che la conoscenza modifichi i comportamenti, anche se non è detto che maggiori conoscenze generino di per sé comportamenti migliori: sofisticate conoscenze e abilità possono essere usate anche per fini perversi e antisociali.
La Commissione Delors, nel rapporto all’UNESCO, afferma che L’éducation: un trésor est caché dedans “l’educazione deve fornire la mappa di un mondo complesso e in continuo cambiamento e la bussola che consente di orientarsi”.
Il rapporto UNESCO raccomanda di prestare uguale attenzione a quattro pilastri base dell’educazione:
I. “imparare a conoscere” (conoscenze di base e cultura generale);
II. “imparare a fare” (competenze professionali e operative in genere);
III. “imparare a vivere con gli altri” (capacità di cooperare, rispetto delle differenze,
regole di cittadinanza);
IV. “imparare a essere” (capacità critica, autonomia di giudizio, responsabilità).
Come tradurre questi pilastri nella vita quotidiana, a contatto di genitori che assumono una barriera nei confronti del bambino energico, lontano dal comportamento meno estroverso dei loro bambini?
Per capire un vissuto, bisogna entrare in relazione.
Un atteggiamento straordinario e fondamentale è dato dalla fiducia, che si crea e viene con l’ascolto, l’empatia, e le azioni condivise.
Il connettere, quindi, due realtà dinamiche diverse su un punto comune: la crescita sana dei propri figli.
L’entropatia, o empatia, in una breve definizione è un “ guardare e guardarsi dentro” nell’immedesimazione della vita dell’altro.
Per sviluppare empatia tra persone adulte e quindi una connessione di senso umanistico è bene tenere presente questi accorgimenti:
a) guardarsi dentro: riconoscere le proprie emozioni del momento, aumentare quindi l’autoconsapevolezza;
b) chiedere agli altri, di parlare di ciò che provano, con semplicità e senza giudizio;
c) interagire anche con le persone che sembrano essere anti- empatiche;
d) trovare dei punti di connessione comune tra le parti ( esperienze, ambiente, scuola);
e) ascoltare con l’ascolto attivo ( parlare di meno, percepire lo stato d’animo altrui);
f) lasciare il tempo agli altri di esprimersi senza finire le frasi o giungere alle conclusioni personali;
g) non dare consigli ( meno che meno giudizi) non richiesti;
h) esprimersi in modo autentico e sincero.
Riguardo il tema dell’empatia si potrebbero approfondire anche altri segmenti importanti, quali ad esempio i neuroni specchio, per la crescita sana e benefica dei nostri figli, il miglioramento della qualità delle relazioni interpersonali in ogni ambito (familiare, interpersonale, professionale, istituzionale), nel quale siamo chiamati come genitori a mostrare il cammino ai nostri figli, agli adulti del domani, a coloro che riceveranno e guideranno la responsabilità della vita su questo pianeta.
La comprensione dell’altro, per alcuni versi, tocca anche i concetti di identità e paura. Ciò che dobbiamo tentare di proporre quindi, nelle relazioni degli affetti e in quelle formali, è il senso del limite e la saggezza, leggere l’essere umano come un insieme di conoscenza e di mistero. L’educazione possibile passa nelle nostre mani diariamente ed è un’educazione possibile quella che riconosce la fragilità dell’uomo, del bambino, per far rinascere i bisogni esistenziali dell’uomo e la cultura della pacifica convivenza nella società civile.
Consiglio letterario
“L’educazione (im)possibile.”(Vittorino Andreoli, Bur, 2015, € 11)
“Per una pedagogia dell’empatia” (Antonio Bellingreri, V&P, Pedagogia e Scienze dell’Educazione- ricerche)
Video – “Cos’è l’empatia”
(tratto da une celebre discorso della ricercatrice americana Brené Brown dal titolo The power of vulnerability)
Citazione
“Chi riconosce gli altri è dotto.
Chi riconosce se stesso è saggio.
Chi batte gli altri ha forza fisica.
Chi batte se stesso è forte.
Chi è soddisfatto è ricco.
Chi non perde il suo centro dura.”
Lao Tse
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