diventare genitori è un gioco da ragazzi

Ispirato e alimentato dall'omonimo Gruppo Facebook

Quanto sono nuove le nuove tecnologie?


Partiamo da lontano...

Per la mia generazione la parola computer ha evocato negli anni dell'infanzia, grazie film e telefilm di fantascienza o di spionaggio, l'immagine di sale piene di grossi macchinari, cavi, pulsanti e lucette.

 

 

 

 

Da metà elementari circa, i computer hanno iniziato ad entrare nelle case. Attaccati alle tv, i Comodore 64 avevano dimensioni adeguate, ma richiedevano una certa predisposizione e delle competenze per poterli utilizzare (parlavano il BASIC, un linguaggio complicato, mica bastava cliccare su un'icona come facciamo oggi!).
Ricordo ancora quanto aspettavo di poter vedere questa meraviglia in funzione, quando andavo a giocare dalla mia amica del cuore, e di poter provare il giochino che aveva: usando alcune lettere della tastiera bisognava far muovere un equilibrista che, con un monociclo, prendeva i palloncini che cadevano dall'alto, impilandoli sul suo cappello. 

Ho iniziato a interessarmi ai computer verso i 20 anni, quando frequentavo l'università. Avevo fatto un piccolo corso per imparare i rudimenti del loro utilizzo, partendo da "come si accende un pc", e parlavo di Internet - magia che ancora non avevo mai visto in funzione - con un compagno di univeristà.

 

Chi doveva essere reperibile aveva usato, fino a quel momento, i cercapersone, chiamati Teledrin in Italia; ma ora si cominciavano a vedere in giro anche i cellulari, usati solo per fare e ricevere chiamate. Un pochino meno esclusivi (e ingombranti) dei primissimi, ma che comunque avevano costi elevati di aqcuisto e di abbonamento. 

 

Era il 1997 quando un'amica giapponese mi raccontò una cosa per me strana e incredibilmente innovativa: in Giappone si usavano dei dispositivi per inviarsi messaggi istantanei. 

Passano un paio d'anni, e finalmente inizio a usare il computer a casa, e soprattutto attivo la connessione a Internet. Noiente connessioni flat: bisognava connettersi e disconnettersi con il modem 56K che,  mentre cercava la linea, faceva un rumore inconfondibile. Nostalgia? Ascoltatelo  nel video qui sotto!

 


I siti erano molto testuali anche perchè, in presenza di immagini, navigare diventava un'esperienza lentissima. E la grafica dei siti lasciava spesso a desiderare: piacevano tantissimo i colori base della tavolozza - soprattutto l'azzurro fosforescente - e il font "Comic Sans" era immancabile!

Il mio primo cellulare arrivò nel 1999.
Nonostante la tecnologia mi avesse sempre affascinata, non sentivo l'esigenza di essere sempre raggiungibile. Ma, una volta acquistato, non l'ho mollato più. 

In velocità: ricordo il primo telefono con cui potevo fare video-chiamate (usate pochissimo, e solo per curiosità); la prima volta che mi sono imbattuta in Facebook, e quando mi sono poi iscritta (nel 2007); le prime foto da cellulare, a qualità bassa, con cui ho immortalato la mia bimba alla sua nascita nel 2009; la curiosità per i Blackberry, i primi su cui potevi leggere la posta elettronica (2009-2010); il primo iPhone, e la prima volta che ho sentito parlare di Whatsapp e mi ci sono iscritta (2010).

Vorrei precisare che non ho 250 anni, ma  la tecnologia, in poco più di 30 anni (ok... possiamo pure dire 40...) ha fatto passi inimmaginabili.

E in così pochi anni abbiamo dovuto imparare a conoscere, iniziare a comprendere e digerire un'incredibile numero di innovazioni che ci hanno - e ci stanno tutt'ora - cambiando la vita.

Io lavoro su Internet, ma Internet corre forte. Sicuramente più forte di quanto possa correre io. E di quanto possano fare molti di noi, che si trovano ad essere genitori di bimbi "mobile born" (attenzione: quella dei nativi digitali è ormai "roba vecchia"!). 

Le maggiori preoccupazioni che tormentano i genitori in questo mondo "stravolto" riguardano:

- l'opportunità o meno di usare tablet fin da tenera età. 
Gli esperti passano continuamente da atteggiamenti di allarme ad atteggiamenti di prudenza o addirittura di entusiasmo, lasciandoci praticamente liberi di scegliere la strada che ci pare più corretta secondo coscienza e idee personali.
Del resto gli esiti concreti dell'utilizzo di questi dispositivi li potremo vedere solo quando i nostri bambini saranno cresciuti.

- la sicurezza dei figli in rete.
Argomento fondamentale, assolutamente opportuno, anzi necessario, comprendere a che rischi vadano incontro i nostri figli quando usano Internet e Social. Molti validi autori (es: Cyberbullismo - di Facci, Berti, Valorzi) e autorità (vedi - ad esempio - il progetto "Una vita da Social" della Polizia di Stato) ci stanno fornendo linee di comportamento che dovremmo studiare e appendere su nostri frigoriferi, a portata di tutta la famiglia, per ricordarci cosa non fare e cosa fare sul web.

Quello che, a mio avviso, viene meno evidenziato è il gap immenso che esiste fra le nostre competenze digitali di genitori e la corsa tecnologica che caratterizza i nostri tempi.

La maggior parte di noi ha vissuto il passaggi che ho descritto all'inizio. Agli occhi dei nostri figli siamo paleolitici quando chiediamo loro una mano per sbloccare un programma del computer o affrontare un'aggiornamento sul cellulare.
Gli esperti sono loro. 

Ma la capacità di usare una tecnologia non va confusa con la capacità di capirne i meccanisimi e farne un buon utilizzo da un punto di vista umano, etico e morale. O di abusarne.

Su quello, gli esperti dobbiamo restare noi. Perchè fra virtuale e reale la differenza non è data dal mezzo, ma dai modi e dagli effetti. In questo senso il virtuale è spesso molto più reale di quanto possiamo immaginare.

A noi genitori il compito di indirizzare i nostri figli e dare il buon esempio.

Per farlo non possiamo fingere che le nuove tecnologie non esistano, disinteressandocene "tanto è piccolo, e comunque il cellulare non serve prima dei 18 anni". Non è questa la strada.

Noi abbiamo il dovere di conoscere prima di loro, di capire i mondi a cui i nostri ragazzi avranno accesso, in cui interagiranno e che diventeranno la loro quotidianità. E conoscerli non significa solo sapere che esistono e come si crea un profilo, o come si aggiungono amici. Conoscerli significa sapere come muoversi in maniera corretta, come comportarsi, pensare alle conseguenze.

Sembreranno banalità; considerazioni poco utili. Ma nei tanti anni di amministrazione del gruppo Facebook "Genitori a Trento e dintorni", e anche semplicemente vagando per la Rete, ho avuto modo di vedere "cose che voi umani...". 

Liti aspre fra chi allatta e chi non allatta, parole che feriscono come spade lanciate da chi ha avuto un parto naturale contro chi ha avuto un cesareo, giudizi e derisioni per dubbi, insicurezze, momenti di difficoltà. parole di odio rivolte a chi ha idee diverse.

La libertà di parola che offre oggi il Web viene spesso scambiata per libertà di linciaggio. Tutti possono dire la loro, ma guai a controbattere o dissentire!

La violenza verbale espressa su questi canali mi preoccupa. 

Certo non è il buon esempio a cui vorrei si puntasse.

Immagino che dietro questo ci sia a volte il fatto di non aver compreso il contesto globale in cui ci si sta muovendo. Il non aver capito che - appunto - il virtuale è reale.

Nasce da tutto questo il libro "Genitori online" (link qui sotto). Da considerazioni ed esperienze che riguardano per primi noi genitori e il nostro mondo digitale. Spesso tutto da costrire, ma che deve diventare la base sicura su cui far crescere i nostri figli.

Per non farli vergognare di noi quando avranno l'età per entrare in Facebook, e vedranno tutti i nostri trascorsi. A quel punto sarà tardi. E se rifiuteranno la nostra amicizia, forse non sarà per non essere controllati, ma per evitare che i loro compagni vedano le cose terribili che hanno postato mamma e papà.

 

 

 


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